Maiô para uma sociedade à deriva

Swimsuit for an adrift society

mercoledì 26 marzo 2014

Didi e Gogo

Questa sera non so se ce la faccio a scrivere il diario de "I nostri giorni felici".
Mi si è accorciata la durata della batteria.
Un tempo arrivavo tranquillamente al venerdì. Ora, già il mercoledì sera, ho la mente annebbiata.
E poi devo sempre mettere in fila troppe cose...
...e ho la testa dura. Voglio fare sempre tutto.


Estragone e Vladimiro erano sicuramente più rilassati di me.
Aspettavano qualche cosa, come la aspettiamo un pochino tutti. Credo.
Noi del corso la aspettiamo.
Ieri sera ci hanno chiesto:
"Perché non te ne vai?"
Ognuno di noi ha dato la sua risposta, il suo motivo, il suo obiettivo, il suo alibi, la sua attesa.
E credo che ci siano diversi tipi di attesa. Ci sono attese passive e attese attive.
Attese legate ad ostacoli (o tempi) oggettivi e altre invece assolutamente soggettive. Vigliacche.
A questo proposito mi è tornata in mente una cosa che avevo scritto un po' di tempo fa. E che, come spesso mi accade, avevo dimenticato.


"Attendo di essere pronto,
ma non sarò pronto mai.
Mi illudo di esserlo,
un giorno.
Ma avrò sempre un impegno irrevocabile, 
un appuntamento importante.
Un treno in ritardo o sospeso per sciopero. Una visita.
Un contrattempo.
Forse mi fermerò in un bar,
e mi sporcherò con il caffè;
abbasserò lo sguardo e guarderò la macchia con gratitudine. Sollevato del fatto che mi abbia fermato.
Per quel giorno non sarò mai abbastanza bello,
e simpatico,
e brillante,
non avrò mai un vestito adeguato.
Avrò sempre un colore sbagliato o il capello spettinato.
Le scarpe sporche di fango perché forse è piovuto.
Oppure quel giorno avrò il mal di gola,
il torcicollo o la febbre, alta,
ma non brucerò abbastanza
per andare incontro al mio giorno.
Attenderò per sempre di essere pronto.
Mi guarderò allo specchio,
ogni giorno,
a volte pensando:
"Oggi sarei perfetto..."
Ma sarà un momento.
Perché sarò sempre troppo imperfetto e vigliacco per guardare negli occhi quel giorno."
C.C.


Questa sera non ce la faccio.
Se mi chiedessero il perché non me ne vado risponderei:
"Perché ho sonno."
Mi piace quando mi viene sonno.
Lascio la scena a Didi e Gogo. Che io sono troppo stanca e devo imparare a delegare.
Li lascio qui, a lamentarsi del freddo e della fame. A litigare e ad essere al contempo l'uno dipendente dall'altro. E attraverso le loro conversazioni banali, sciocche e senza senso proviamo a cogliere un senso in tutto questo nonsenso che è la vita umana.

"Le lacrime del mondo sono immutabili. Non appena qualcuno si mette a piangere, un altro, chi sa dove, smette."



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