Maiô para uma sociedade à deriva

Swimsuit for an adrift society

venerdì 12 aprile 2013

Cercate di annebbiare la vista...

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"Cercate di annebbiare la vista
E' molto importante annebbiare la vista."
Matteo

Siamo già arrivati a metà e ora si entra in quella fase nella quale inizia a prendere forma lo spettacolo.
E non si possono svelare segreti. Comprerò un pizzico di ermetismo e un pugno di Cechov da aggiungere agli ingredienti del diario di bordo.


"Io penso spesso: che ne sarebbe se si cominciasse la vita da capo ma con consapevolezza?
Se la vita che si è già vissuta fosse, per così dire, una brutta copia, e l'altra la bella!"


Ricomincire da capo.
Perchè ricominciare da capo? 
Può essere facile e può essere difficile.
C'è chi vorrebbe e chi non vorrebbe,
chi potrebbe e chi non può.
Ma facciamolo per gioco. Proviamo ad immaginare.

"Che vi posso dire? A me pare che su questa terra tutto dovrà cambiare, a poco a poco, anzi stia già cambiando, sotto i nostri occhi. Fra due, trecento, mille anni, non è questione di tempo, comincerà una vita nuova, felice.
Noi non la vedremo questa vita, ma oggi viviamo per lei, lavoriamo, soffriamo, la creiamo, e solo in questo sta la ragione del nostro essere, se volete, della nostra felicità."

No.
Non c'è felicità.
Parole sovrapposte. Voci. Confusione. Parole inutili. Caos. Noia.
"Io sono ubriaca fradicia"
Basta volgarità!
Basta!
Basterebbe poco.
In mezzo al caos, TU.
Volo, nuvole, quiete.
Basterebbe poco per prendere il volo. Ma io sono timida.
E torna il caos.
 

"Non tra due o trecento anni, ma fra un milione di anni la vita resterà tale e quale; la vita non cambia, rimane eterna, seguendo le proprie leggi, contro le quali voi nulla potrete, o per lo meno che mai arriverete a conoscere. Gli uccelli migratori, le gru, per esempio, volano e volano, e indipendentemente da quali pensieri, sublimi o meschini, attraversino le loro menti, continueranno a volare senza sapere perché e dove. Volano e voleranno, per quanti filosofi si possano trovare fra di loro; e che filosofeggino pure, come vogliono, purché continuino
a volare..."

 
"47, è uscito il 47"
"Ambo"
Continuiamo a camminare, camminare. Sempre più velocemente.
"Tombola"
Ma dove andiamo?
Nessuno ci sta aspettando.
"Ho bisogno di un sorso di wodka."
Basta!
Immobili, state fermi, state in silenzio.
Ascoltate!


"Dov'è mai finito il mio passato, quando ero giovane, allegro, intelligente, quando sogni e pensieri erano brillanti, quando presente e passato erano circonfusi di speranza? Perché quando cominciamo appena a vivere diventiamo noiosi, grigi, privi di attrazioni, pigri, indifferenti, inutili, infelici... La nostra città esiste già da duecento anni, ha centomila abitanti e non ce n'è uno che non sia uguale a tutti gli altri, non un asceta, né ieri né oggi, non uno scienziato, non un artista, non uno che abbia saputo farsi notare, che abbia suscitato invidia o pressante desiderio di emulazione. Non fanno che mangiare, bere, dormire, poi muoiono... ne nascono altri che pure mangiano, bevono, dormono e che per rimbecillire di noia variano la vita coi loro stupidi pettegolezzi, con la vodka, le carte, gli intrighi. Le mogli tradiscono i mariti, i mariti mentono, fingono di non vedere nulla, di non sentire nulla, e lo squallore di questo comportamento infetta i bambini, spegne in loro quella scintilla divina, e quelli diventano altrettanto meschini, simili ad altrettanti cadaveri, come i loro padri e le loro madri..."


Abbracci. Abbracciami. Fatti abbracciare. 
Non scappare. Non mandarmi via.
Sento la musica. Giunge da lontano.
Ecco è arrivata.
Danziamo.

Ricominciamo da capo leggendo lettere d'amore.
Anton. Olga.



I passaggi in grassetto sono tratti da "Tre sorelle" di quello scomodo di Anton Cechov.
Gli altri passaggi sono tratti da un'idea che inizia a prendere anima e forma. Il nostro spettacolo.

lunedì 8 aprile 2013

Barcellona



Viveva da quattro mesi in quella città. L'aveva scelta due anni prima, durante un viaggio.
L'aveva scelta perché c'era il mare.
Perché c'era tanto da passeggiare. Tanto da scoprire.
L'appartamento era piccolo ma centralissimo. Piccolo ma con un terrazzo a cui affacciarsi.
In Carrer del Bonsuccès.
Poteva scendere la mattina e trovare subito vita. E caffè.
Poteva scendere la sera e trovare subito musica.
La Rambla era vicina. Ma non la frequentava molto. Preferiva passeggiare nelle piccole vie e permettere, alle tante piazze che le apparivano senza preavviso, di stupirla. Fotografava e scriveva. Appuntava sensazioni.
Come quel giorno, quando entrò nella Sagrada Familia.
Quell' immenso "capriccio".
Non riusciva a tenere dritta la testa, che rimaneva piegata all'indietro, guardando lassù. Le sembrava volesse staccarsi dal collo tanto tirava verso l'alto.
I suoi occhi restarono rivolti al cielo per tutto il tempo e capirono perché Antoni Gaudì era l'architetto di Dio.
Perché tutto, in quel luogo, ti porta a guardare in alto, dal basso delle colonne che sembra si muovano, si slancino, si proiettino verso il cielo, all'alto della cupola che pare irraggiungibile.



Barcellona le era apparsa come un luogo dove la libertà di essere fosse la normalità. Un luogo che riusciva perfettamente ad unire l'assoluta efficenza e qualità del vivere con l'originalità e la "trasgressione", in maniera naturalmente rilassata.
Tutto sembrava fosse più umano. Anche gli orari dei punti di passaggio che scandiscono le giornate. 
E trovava ovunque libero Wi-Fi.

Anche il clima era più umano.
Spesso raggiungeva Barceloneta, per mangiare qualcosa di fronte al mare. La spiaggia era sempre piena di persone allegre illuminate dal sole.
Il sole sembra più sole quando sta sopra al mare.
La sangria più sangria sulla sabbia di Barcellona.


Anche sulla spiaggia spesso fotografava. E scriveva...
...scriveva al mondo. A lettori immaginari.
Che forse non avrebbero mai letto le sue parole.
Ma non le importava.
Rivolta al mondo, guardando il mare, disse:
"Scrivo perché ho bisogno di parlarti anche attraverso cose che non leggerai mai."

 

mercoledì 3 aprile 2013

Sarà il tempo...



Perdonatemi amici teatranti
ma salterò il diario di viaggio questa settimana.
Sarà il tempo.
O il ritorno in umido dopo aver toccato il mare.
O la crisi del blogger.
Mi sento un po' un pesce in un acquario, che ogni tanto si illude di essere nell'oceano e sbatte contro il vetro trasparente...

Non mi va di scrivere.
Sono certa che ognuno di voi conserverà il ricordo di ieri sera anche senza la mia cronaca.
A me, della serata, rimarrà certamente la consapevolezza che mi sento tanto felicemente madre.
Ma non figlia.
Ci vediamo martedì prossimo.
Hasta la vista siempre!!!
Cri