Maiô para uma sociedade à deriva

Swimsuit for an adrift society

domenica 15 giugno 2014

Finale di partita

AH AH...
pensavate che fosse un post sul calcio...



E invece vorrei solo concludere il percorso de "I nostri giorni felici" raccontando un pezzetto del nostro spettacolo.
Lo so, sono passate già due settimane, ma nel frattempo ho fatto troppe cose, troppi lavori, troppi saggi, qualche seggio e mi hanno inviato un libro. Il mio libro. E allora sto prendendo tempo.

E mentre aspetto un lume che mi indichi come parlare del libro, parlo di teatro.

Innanzitutto vorrei dire che è stato bellissimo. Che mi è piaciuto farlo. Più delle altre volte.
Che ho sofferto meno e ho avuto meno paura. E mi sono divertita.

Lo spettacolo era molto particolare. Samuel Beckett non è una passeggiata.
Mettere insieme  le sue opere a pezzetti di vita di un gruppo di aspiranti teatranti e farne un'amalgama sensata credo non sia stato semplice.
Eppure i nostri guru ci sono riusciti.
Hanno mescolato perfettamente le carte, e gli scacchi, creando un cocktail di ironia, assurdità, cinismo, tristezza, follia, dolcezza e divertimento.

Abbiamo fatto due repliche, una dietro l'altra e non è stato male.
La prima era la Prima, eravamo tesi e preoccupati. Emozionatissimi.
Abbiamo dato il meglio.
La seconda è stata invece più divertente. La tensione si era allentata e abbiamo lavorato più rilassati. Più sicuri.
Abbiamo dato il meglio.

Non mi è possibile fare il riassunto di un ricordo collettivo. Ognuno conserva il suo, con quello che ha sentito quella sera.
Io ora posto solo un po' di foto, con qualche breve descrizione.
Solo per ricordare.

La foto che ho messo sopra, che trovo splendida (di Emilio Vua Carnevale), rappresenta uno dei momenti più intensi, a detta del pubblico, dello spettacolo. Quello in cui Willy viene "assalito" dalle richieste di ben diciotto Winnye.
http://it.wikipedia.org/wiki/Giorni_felici_(Beckett)




In questa fotografia invece (sempre di Emilio Vua Carnevale), la nostra Lucky (Arianna) è a terra dopo una delle sue rovinose (meravigliose) cadute.
http://it.wikipedia.org/wiki/Aspettando_Godot
La parte di Pozzo e Lucky, recitata egregiamente da Elisa e Arianna, a mio parere è stata una delle più crudeli e divertenti.
Il loro ingresso era preceduto da ben cinque coppie di Vladimiro ed Estragone. La scena ci vedeva protagonisti di dialoghi surreali tra scarpe, cappelli e salici. E attese.

(Le foto che seguono le ho prese in prestito da Paola Facchini.)




Qui sotto invece stiamo facendo la "danza del quotidiano" (che fatica coordinarci....).
Hamm e Clov, davanti a noi parlano del senso della vita.
http://it.wikipedia.org/wiki/Finale_di_partita



Alla fine delle danze ho dovuto dire la mia poesia. Momento durissimo. E bellissimo.
Mi hanno anche fatto l'applauso a scena aperta; ce l''ho fatta.

Un'altro momento molto intenso è stato quello delle registrazioni. Le voci registrate con le storie e i sogni del passato che si alternavano alla disillusione del presente. Una nostra versione di "L'ultimo nastro di Krapp".
http://it.wikipedia.org/wiki/L'ultimo_nastro_di_Krapp

E poi alla fine la sfida tra la rassegnazione e la speranza.


L'arrivo dei bambini che ridono, coprono il volto di Hamm, l'uomo senza futuro, e lo allontanano.
E si mettono a giocare.

Il gioco che improvvisamente cambia.
I bambini che impugnano le armi e sparano.



La speranza che li osserva, non si arrende.
Li ferma, li prende per mano.

THE END


Solo per ricordare.
Quando ne avrete voglia potrete venire qui, in Bikiniamarantoblog e rivedere un po' di noi.
Dei nostri giorni felici.

Grazie Chiara.
Grazie Matteo.
Grazie Samuel.
Grazie a tutti.

"Se fisso i miei ricordi sulla carta, è soprattutto perchè non si perdano (in me) minuti d'oro, ore che risplendono come soli nel cielo tumultuoso e immenso che è la memoria. Cose che sono anche, con il resto, la mia vita."
José Saramago

mercoledì 16 aprile 2014

Questo è un uomo....




Oggi non scriverò nulla di più che un elogio al nostro insegnante di teatro. Che è un grandissimo.
E ce lo dimostra ogni martedì sera.
E il martedì appena passato, in tre bellissimi minuti, lo ha sottolineato.
Credo che per tutti noi sia stato un momento intenso, di quelli da ricordare.
Ad esempio a Novembre, quando il teatro sarà lontano, potremmo sentirci anche un po' malinconici ripensando a quella scala.
La malinconia bella, quella che mischia le lacrime con i sorrisi, è un lusso che si può concedere (senza esagerare) solo chi ha la fortuna (o l'ardore) di collezionare ricordi ricordabili.
E credo sia anche uno strumento di misura.
Se dobbiamo scavare troppo nel passato per trovare ricordi ricordabili, dobbiamo forse pensarci sù. Potrebbe essere che (sempre ad esempio) da troppo tempo stiamo facendo una vita di melma. Sorrisino.
Grazie Matteo.

Quanto possono essere morbide le stelle nere.




giovedì 10 aprile 2014

Assurdo

"Ascolto e mi sento dettare un mondo congelato in perdita d'equilibrio, sotto una luce debole e calma e niente di più, sufficiente per vedere, capite, e congelata anch'essa. E sento mormorare che tutto si flette e cede, come sotto dei pesi, ma qui non ci sono pesi, e anche il suolo, inadatto a reggere, e anche la luce, verso una fine che sembra non debba mai esserci. Perché che fine può esserci a queste solitudini in cui non ci fu mai vero chiarore, né verticalità, né solida base, ma sempre queste cose pencolanti, slittanti in un franare senza fine, sotto un cielo senza memoria di mattino né speranza di sera. Queste cose, quali cose, venute da dove, fatte di che? E sembra che qui nulla si muova, né mai si sia mosso, né mai si muoverà, salvo io, che non mi muovo neanch'io quando sono qui, bensì osservo e mi mostro. Sì, è un mondo finito, malgrado le apparenze, è la sua fine che lo ha suscitato, è finendo che è cominciato, è abbastanza chiaro? E anch'io sono finito, quando ci sono, gli occhi mi si chiudono, le mie sofferenze cessano e io finisco, piegato come non possono esserlo i viventi."

Samuel Beckett




Martedì sera abbiamo affrontato di nuovo il tema della quotidianità.
Abbiamo riportato i nostri oggetti simbolo del quotidiano e riproposto le nostre scenette.
Però, mentre la prima volta lo abbiamo fatto singolarmente, questa volta eravamo tutti sul "palco". Ognuno di noi aveva una seggiola alle spalle e seduti a terra abbiamo mimato le nostre giornate.
Ad un certo punto ci siamo tutti messi sulle sedie e come in un Gioca Jouer speciale abbiamo iniziato una sequenza di gesti:
Dormire
svegliarsi
stirarsi
bere il caffè
lavarsi i denti
guidare
lavorare
mangiare
lavorare
guidare
mangiare
dormire.
Tutti insieme, in perfetta sincronia. Sempre più velocemente.
E a turno, ognuno di noi si fermava di colpo, si alzava, e parlava. Parlava ed esprimeva i suoi pensieri in merito alla parola "quotidiano", senza poterla mai pronunciare. Nel bene o nel male. Dopodiché ritornava al posto e riprendeva la sequenza di azioni.

Poi abbiamo studiato delle scene teatrali. C'erano ancora Vladimiro ed Estragone. C'era un personaggio nuovo: Krapp. 
Erano davvero strane. E ridicole.
C'erano delle banane, dei cappelli e delle scarpe. Sedano e carote.
Abbiamo interpretato delle scene divertenti e assurde. 
Il teatro dell'assurdo è veramente assurdo.

Però ancora mi sto chiedendo se è più assurdo fissare un albero 
e fermarsi di colpo a cantare a squarciagola
e bloccarsi a fissare il vuoto con una banana in bocca 
o vedere tante persone che compiono sempre i medesimi gesti e li ripetono, di continuo, sempre più velocemente, quasi ogni giorno.



giovedì 3 aprile 2014

La fantasia m'incanta

Ma quanto ci siamo divertiti martedì sera?

Dovete provare!
Provate a mettervi seduti a terra, in venti, formando un cerchio.
Provate ad arrivare a contare fino a venti, pronunciando un numero a testa, senza mettervi d'accordo e senza sovrapporvi mai. Pena il dover ricominciare da capo.
E' difficilissimo e divertentissimo. Devi osservare attentamente i tuoi compagni di gioco. Cercare di captare chi sta per parlare. Tentare tempi diversi.
Tempestività o effetto slow, a sorpresa.
L'esercizio serve per imparare a rispettare i tempi di tutti. A non sovrapporre le voci sul palcoscenico.
Ma arrivare fino a venti è un impresa.
Molto divertente.
E' stata una serata leggera. Ho riso tanto.



Ho riso quando abbiamo camminato in fila indiana alternando "passi" differenti.
Il momento del "passo da soldato strisciante" è stato esilarante. Non riuscivo a muovermi di un centimetro coricata a pancia in giù, non potrei mai fare la guerra.
Ho riso tanto quando abbiamo fatto l'esercizio del servo e del padrone.
Nel quale a turno si entrava nella parte di uno o dell'altro. E il padrone poteva chiedere al suo servo qualunque cosa. Vi assicuro che alcuni di noi sono sadicissimi.
Ho riso tanto anche quando abbiamo fatto lo scultore e la statua. Essere blocco di marmo e lasciarsi manipolare da uno scultore è un'esperienza particolare.
Ho riso tanto quando abbiamo improvvisato la scenetta.
Il mio gruppo attingeva da un testo nel quale una donna sospettosa faceva seguire il marito.
Con Valentina e Massimo abbiamo inventato uno sketch  davvero carino.
Ho aperto al volo la Her Investigazioni. La moglie era disperata. Il marito falso e ruffiano.
Ho indagato. Rassicurato la moglie.
Mi sono fatta pagare con i soldi del traditore...
.... per poi togliermi la giacca, gli occhiali, la coda, mettermi il rossetto, scuotere la testa e raggiungere proprio colui che avevo seguito, che mi aspettava seduto al bar. E che in realtà era il MIO amante.
Non avevo mai fatto l'amante. La Bea mi ha detto che sembravo una veterana.

Bravi tutti.
Rimango sempre incantata quando vedo le idee meravigliose che riuscite a trovare. La fantasia mi affascina. Tanto.
Mi stupisce quello che esce da noi. A volte leggerissimo e a volte profondissimo.
E penso a quanti bei cervelli nascosti ci sono in giro. Ricchi. Che dal nulla possono trovare tanto.
E penso pure che la fantasia sia amica del coraggio e irriverente nei confronti della paura.
E che non sia bello stare fermi a brontolare e a guardare quello che fanno gli altri nella vita, ma che sia molto più bello azzardare quello che riesci a fare tu.
Davvero una serata liberatoria.
Un "nostro giorno felice"...


...D' autres fois, calme plat, grand miroir
De mon désespoir.
C.B.













mercoledì 26 marzo 2014

Didi e Gogo

Questa sera non so se ce la faccio a scrivere il diario de "I nostri giorni felici".
Mi si è accorciata la durata della batteria.
Un tempo arrivavo tranquillamente al venerdì. Ora, già il mercoledì sera, ho la mente annebbiata.
E poi devo sempre mettere in fila troppe cose...
...e ho la testa dura. Voglio fare sempre tutto.


Estragone e Vladimiro erano sicuramente più rilassati di me.
Aspettavano qualche cosa, come la aspettiamo un pochino tutti. Credo.
Noi del corso la aspettiamo.
Ieri sera ci hanno chiesto:
"Perché non te ne vai?"
Ognuno di noi ha dato la sua risposta, il suo motivo, il suo obiettivo, il suo alibi, la sua attesa.
E credo che ci siano diversi tipi di attesa. Ci sono attese passive e attese attive.
Attese legate ad ostacoli (o tempi) oggettivi e altre invece assolutamente soggettive. Vigliacche.
A questo proposito mi è tornata in mente una cosa che avevo scritto un po' di tempo fa. E che, come spesso mi accade, avevo dimenticato.


"Attendo di essere pronto,
ma non sarò pronto mai.
Mi illudo di esserlo,
un giorno.
Ma avrò sempre un impegno irrevocabile, 
un appuntamento importante.
Un treno in ritardo o sospeso per sciopero. Una visita.
Un contrattempo.
Forse mi fermerò in un bar,
e mi sporcherò con il caffè;
abbasserò lo sguardo e guarderò la macchia con gratitudine. Sollevato del fatto che mi abbia fermato.
Per quel giorno non sarò mai abbastanza bello,
e simpatico,
e brillante,
non avrò mai un vestito adeguato.
Avrò sempre un colore sbagliato o il capello spettinato.
Le scarpe sporche di fango perché forse è piovuto.
Oppure quel giorno avrò il mal di gola,
il torcicollo o la febbre, alta,
ma non brucerò abbastanza
per andare incontro al mio giorno.
Attenderò per sempre di essere pronto.
Mi guarderò allo specchio,
ogni giorno,
a volte pensando:
"Oggi sarei perfetto..."
Ma sarà un momento.
Perché sarò sempre troppo imperfetto e vigliacco per guardare negli occhi quel giorno."
C.C.


Questa sera non ce la faccio.
Se mi chiedessero il perché non me ne vado risponderei:
"Perché ho sonno."
Mi piace quando mi viene sonno.
Lascio la scena a Didi e Gogo. Che io sono troppo stanca e devo imparare a delegare.
Li lascio qui, a lamentarsi del freddo e della fame. A litigare e ad essere al contempo l'uno dipendente dall'altro. E attraverso le loro conversazioni banali, sciocche e senza senso proviamo a cogliere un senso in tutto questo nonsenso che è la vita umana.

"Le lacrime del mondo sono immutabili. Non appena qualcuno si mette a piangere, un altro, chi sa dove, smette."



mercoledì 19 marzo 2014

Chi, come, dove, quando e ... perché?

Cari nuovi arrivati,
sono qui a scrivervi per chiedervi se vi siete ripresi dalla serata...


Perché voi magari penserete: Ma come? Uno si iscrive ad un corso di teatro, che oltretutto si chiama "I nostri giorni felici", convinto di passare una serata rilassante, di fare qualcosa di assolutamente divertente e poi si trova in mezzo a situazioni che tutto sono tranne che felici.

E' stata dura.
Eppure ieri sera si sono toccate corde meravigliose.
Note di profondo valore.
Pause musicali.
Silenzi lirici.

L'esercizio era difficile.
In quei minuti di concentrazione nei quali dovevamo focalizzare interiormente l'emozione abbiamo risposto senza parlare a cinque domande:
Chi, come, dove, quando e perché.
Gia, perché?
Perché farci ricordare un CHI che ci ha fatto molto male? Un COME quel CHI ci ha fatto soffrire, un DOVE, un QUANDO e un PERCHE'...
Un perché che a volte non esiste neppure. Oppure non conosciamo e non conosceremo mai. Un perché che possiamo solo supporre.
Perché farci immaginare di avere quel CHI davanti per potergli parlare, chiedere spiegazioni, o non riuscire a dire nulla, se non con il linguaggio delle lacrime?
Perché serve. Credo serva a conoscerle meglio queste maledette o benedette storie che ci navigano dentro. Credo serva a catalogarle al nostro interno.
E questo catalogo serve, sul palcoscenico, perché lo possiamo sfogliare e scegliere quello che vogliamo essere al momento giusto.
E' un po' come scriverle. Le vedi, provi a dare loro un nome e ti pare quasi di comprenderle meglio. E quando le comprendi un pochino ti fanno anche meno paura. Ci puoi anche giocare un po', su un palco, o in una sala mensa. Non sono più loro a condizionare te, ma sei tu ad approfittare di loro.

Qualcuno oggi mi ha detto che è stata una serata fondamentale per tanti.
Lo penso anche io.
E non importa se si è pianto, gridato, sussurrato o non si è saputo fare uscire un filo di voce.
La cosa importante credo sia che tutti abbiamo capito come si fa.
C'è chi riesce meglio, chi un pochino meno,
chi si blocca,
chi si sblocca
e chi sbrocca.
Si impara da tutti.











mercoledì 12 marzo 2014

Io, Te, NOI

Ogni martedì è differente.
Ogni esercizio è differente.
Ogni volta c'è qualcuno di noi che si denuda, che rispetto alla prova da superare ha le corde scoperte, la pelle sottile. Che getta la maschera prima degli altri.
La parte più affascinante di un laboratorio teatrale è il principio, l'abbandono delle maschere.
E anche per quelli che lo hanno già fatto è sempre un inizio, perché bastano pochi mesi senza esercizio, fuori, nel mondo, per nascondersi di nuovo. Un pochino.
Torniamo qui anche per questo.
Per non dimenticarci di Noi.


Io non lo sapevo quando ho incominciato.
Non sapevo che prima di fingerti qualcuno dovevi liberarti di Te, di mille Te che ogni giorno vengono a farti visita. Che bussano alla tua porta in momenti e situazioni diverse. A volte puntuali, sempre allo stesso orario.
E non sono altro da Te, ma neppure proprio Te.
Ecco, io penso che al martedì sera, non dovremmo aprire loro la porta. Dovremmo lasciarli fuori da quella sala mensa, in attesa, in macchina.
E credo, che dovremmo lasciare fuori anche un pochino di IO. Trattenere solo quello fantasioso, quello generoso, che ci serve per cercare di dare il meglio ai nostri compagni e al pubblico.
Non a noi stessi.

Non è facile.
Non è mai facile.
Ci arriviamo forse verso la fine del corso, ed ogni anno è diverso.
E non so neppure se lo facciamo fino in fondo, ma va bene così.
Forse ci riusciamo solo in quegli interminabili minuti che passiamo dietro le quinte, prima di entrare in scena, perché sono momenti di tensione, momenti assoluti. Come quell'ora che scorre velocissima sul palcoscenico.
Ecco, lì siamo davvero Noi.


Serata ricca di fantasia ieri sera.
Non vedo l'ora di vedere "i compiti" dei nuovi teatranti. Sono certa che saranno affascinanti come quelli "corretti" ieri.
Nel video sopra, una colonna sonora meravigliosa per le nostre improvvisazioni.
Chi non si è mai sentito inadeguato alzi la mano.